domenica 28 ottobre 2012

Ricerca pura e ricerca applicata

In molti campi della scienza si usa distinguere tra la ricerca "di base" (o teorica, o pura) e ricerca "applicata" (o pratica). In Botanica, per esempio, un tipico argomento di ricerca applicata è questo: trovare le condizioni che permettono ai pomodori di conservarsi al lungo in magazzino. Un tipico argomento di ricerca di base può essere, invece, lo studio dei meccanismi molecolari che causano la maturazione dei frutti.

Ho scelto apposta questi esempi per far vedere che è difficile distinguere tra ricerca pura ed applicata, in base agli argomenti. Quello che conta è, piuttosto, l’atteggiamento del ricercatore davanti al problema. Lo scopo del ricercatore applicato è d’ottenere rapidamente un risultato pratico (nel nostro caso la conservazione dei pomodori). Lo scopo del ricercatore teorico è d’acquisire nuove conoscenze, verificando eventualmente se vanno d’accordo con un determinato schema che ha già in testa.

Dobbiamo ammettere, tuttavia, che in non pochi casi questo nobile desiderio di conoscenza non sarebbe sufficiente, se non fosse rinforzato da altri desideri più terreni, quali: aumentare il proprio prestigio accademico o le proprie pubblicazioni, arrivare a risolvere un problema prima dei colleghi, eccetera. Il ricercatore teorico, comunque, non immagina quasi mai quali potranno essere le applicazioni pratiche del suo lavoro e non ha nemmeno molto interesse a saperlo.

E ora parliamo di costi. La ricerca di base e quella applicata sono entrambe costose. Il costo varia secondo la disciplina: si può stimare approssimativamente che la ricerca biologica costi da dieci a cento volte meno di quella fisica. È, comunque, naturale che in periodi di crisi economica come l’attuale si tenda a guardare con occhio critico i rapporti tra costi e benefici dei due tipi di ricerca. Sul fatto che i soldi destinati alla ricerca applicata siano spesi bene sono d’accordo quasi tutti. Invece, la ricerca teorica è considerata un lusso consentito solo nei periodi di prosperità economica. Gli stessi ricercatori teorici possono sentirsi molto imbarazzati, se devono spiegare ad un profano a che cosa serve il loro lavoro.

Ma dimostrare l’utilità della ricerca di base è facile: basta pensare ad una qualunque invenzione o scoperta, che abbia migliorato la nostra vita, e ripercorrere all'indietro le tappe di ricerca e di lavoro che l’hanno resa possibile. Durante questo immaginario percorso a ritroso verranno fuori i contributi della ricerca di base e si vedrà come, più si va indietro e più questi contributi diventino grossi. Prendiamo un caso concreto: gli antibiotici. Come tutti sanno, essi sono delle sostanze chimiche prodotte da vari microrganismi, che bloccano la crescita di molte specie di batteri patogeni. Il primo antibiotico, la penicillina, fu scoperto per caso da Victor Fleming(figura), in seguito ad un incidente di laboratorio: l’inquinamento di una coltura di batteri da parte di una muffa, il Penicillum notatum. Fleming dapprima osservò che i batteri non si moltiplicavano vicino alle colonie di Penicillum notatum e poi riuscì ad isolare una sostanza chimica, prodotta dalla muffa, che bloccava la crescita batterica. Questa sostanza era la penicillina.

Questa scoperta, però, non sarebbe stata possibile, se Fleming non avesse già avuto a disposizione tutte le complicate tecniche necessarie per allevare in laboratorio muffe e batteri. Queste tecniche presuppongono, a loro volta, la conoscenza delle esigenze nutritive dei microrganismi ed il loro riconoscimento sistematico, il quale è basato in parte su tecniche microscopiche ed in parte su tecniche biochimiche. La purificazione della penicillina è fondata su una montagna di conoscenze di chimica organica, dalle nozioni più astratte sulla struttura delle molecole, fino a quelle tecniche sulle apparecchiature da laboratorio.

Conclusione: la scoperta della penicillina è stata possibile grazie al lavoro di migliaia di ricercatori teorici, venuti prima di Fleming: micologi, microbiologi, biochimici, chimici organici, eccetera. La stragrande maggioranza di loro faceva ricerca di base e non pensava minimamente alla penicillina come traguardo finale del suo lavoro. Eppure, senza questi scienziati “puri”, gli antibiotici oggi non ci sarebbero. Lo stesso trucco mentale si può applicare a qualunque risultato concreto della scienza. In ogni caso si scoprirà che le radici invisibili della ricerca applicata affondano in quella di base. Lo stesso nome “ricerca applicata” è una dimostrazione di questo fatto: esso allude all'applicazione per scopi pratici di risultati acquisiti attraverso la ricerca di base.

Un esempio negativo che dimostra l’importanza della ricerca di base è il fallimento di decenni di ricerche applicate per trovare la cura per il cancro. Buona parte di queste ricerche si limitava a sperimentare il potere curativo delle sostanze più diverse, scelte quasi completamente a caso. Dato che le sostanze organiche conosciute sono più di un milione, la probabilità di trovare a caso quella giusta non poteva essere molto alta: era come sparare ad un bersaglio in una stanza completamente buia. Quello che mancava (e in parte ancora manca) era la conoscenza dei meccanismi che regolano la crescita cellulare. Questi meccanismi sono certamente differenti nella cellula normale ed in quella cancerosa, per cui conoscendo bene queste differenze sarebbe possibile fare leva su qualcuna di esse, per scegliere a ragion veduta una sostanza tale da impedire la crescita tumorale, senza danneggiare le cellule sane. Scoprire i meccanismi che regolano la divisione cellulare è un tipico compito della ricerca di base, non di quella applicata.

Il triste caso della ricerca applicata sul cancro dimostra un altro fatto importante. La ricerca di base può servire a fare risparmiare molti soldi a quella applicata. Probabilmente, se fosse stato subito aggredito come problema teorico il problema della divisione cellulare, si sarebbero risparmiati miliardi di dollari spesi nel provare composti chimici a caso. La corrispondente spesa per la ricerca pura sarebbe stata minore, senza alcun dubbio.

Nel periodo di relativa pace e prosperità degli anni ’50 e ’60, la ricerca biologica ha avuto un’espansione senza precedenti, soprattutto negli USA. A questo periodo di crescita esplosiva è seguito, verso la fine degli anni ’60, un periodo di stagnazione, che è durato fino a pochi anni fa, quando è intervenuto un periodo di decrescita. Oggi, i governi della maggior parte dei Paesi del mondo tendono a favorire quei rami della ricerca di base che porteranno prevedibilmente ad applicazioni utili in un futuro non troppo lontano. Ad esempio: i meccanismi biochimici della fecondazione umana, che potrebbero portare a nuovi metodi anticoncezionali, o la trasformazione microbica dell’azoto atmosferico in ammoniaca, che potrebbe portare ad un aumento dei raccolti agricoli.

Ricerche di base che sono “fuori riga” rispetto alle varie direzioni principali, spesso, non sono finanziate. Ma è possibile che un’eccessiva concentrazione della ricerca di base su un numero ristretto di argomenti si riveli un errore strategico. Infatti, la ricerca applicata può essere paragonata allo svolgimento di un tema proposto dalla ricerca di base: se non sono continuamente proposti temi nuovi, la ricerca applicata rischia di fermarsi per mancanza d’idee. 

Nuovi temi e nuove idee saranno quanto mai importanti nei prossimi anni, quando muteranno le tradizionali fonti energetiche e la produzione alimentare rischierà di essere insufficiente. È probabile, inoltre, che le idee nuove verranno dai settori scientifici considerati strani e negletti, più che da quelli intensamente studiati.

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