Appare ormai evidente come il sottosviluppo sia un problema legato quasi esclusivamente agli squilibri nella distribuzione mondiale della ricchezza economica e delle risorse naturali. Esso viene profondamente accentuato proprio dai processi di globalizzazione, all'interno dei quali i capitali si muovono liberamente sul pianeta, alla ricerca dei maggiori profitti laddove sia più agevole realizzarli.
Peraltro, ancora prima d'essere un problema di rapporti tra Paesi, il sottosviluppo è un problema di rapporti tra classi sociali; nei Paesi del Sud del mondo é semplicemente di gran lunga superiore, rispetto a quelli del Nord, la percentuale della popolazione povera ed oppressa da meccanismi economici internazionali in cui la fanno da padrone le elites dominanti al Sud come al Nord.
In un'ottica globalizzata è, tuttavia, semplicemente illusorio pensare che i problemi del Sud possano rimanere racchiusi all'interno degli stretti confini nazionali; gli "effetti boomerang" del sottosviluppo stanno già colpendo i Paesi ricchi e tenderanno a farlo in misura sempre maggiore. Facciamo tre esempi:
a) - La massiccia immigrazione umana dal Sud al Nord del mondo non è altro che l'inevitabile conseguenza della miseria di quelle popolazioni e non può essere bloccata con semplicistiche politiche di chiusura indiscriminata delle frontiere.
b) - Come non temere le conseguenze planetarie dei danni ambientali prodotti dallo sfruttamento irrazionale delle risorse naturali del Sud? Pensiamo, per esempio, al disboscamento delle foresta amazzonica, in buona parte dovuto alla necessità di creare pascoli per mandrie di bovini destinati a finire sotto forma di hamburger sui tavolini delle note catene di fast-food del mondo; ma anche dovuta agli indios meticci, che non hanno con la foresta il rapporto simbiotico che avevano gli indios originari, e che incendiano la foresta equatoriale per coltivarci riso e soia (il Brasile è il primo fornitore di soia alla Cina); purtroppo, dopo un anno il suolo non trattiene più i sottile strato di humus e diventa sterile. (NB. Fino a sette anni fa questa era la fine che faceva, ogni anno, una superficie di foresta pari a quella della Germania... Pare che adesso non sia più così, per fortuna, perché l'ONU dà al governo del Brasile ogni anno finanziamenti sufficienti affinché preservi la foresta).
c) - Come non collegare la diffusione abnorme degli stupefacenti con la facilità che hanno le mafie di ogni latitudine a convincere i piccoli contadini afgani, marocchini e colombiani a coltivare papaver somniferum, cannabis indica ed erytroxilon coca? Queste coltivazioni, infatti, rendono anche quaranta volte di piu rispetto a the, caffè e cacao, perché i prezzi di questi ultimi sono tenuti bassi dalle multinazionali di trasformazione, per poterci lucrare di più.
Per cercare di porre rimedio a questa situazione drammatica nasce, nel 1959, nei Paesi Bassi il cosiddetto: "Commercio Equo e Solidale" (CES) o faire trade. Il CES è una partnership economica tra consumatori del Nord del mondo e produttori del Sud, basata sul dialogo, sulla trasparenza e sul rispetto, che mira a una maggiore equità nel commercio internazionale. Non si tratta affatto di un ennesimo tentativo d'aiuti al Terzo Mondo, basato su elementi caritativi ed assistenziali. Si tratta, invece, di un vero e proprio cambiamento d'ottica nel modo in cui s'intende sistema economico. Tale "rivoluzione copernicana" economica si fonda sulla convinzione che sia necessario riequilibrare i rapporti tra Nord e Sud del mondo, spezzando i meccanismi di dipendenza, che impediscono ai Paesi poveri d'innescare autonomi percorsi di sviluppo. Si tenta di costruire, cosi, un'economia basata sull'etica, ma non estranea alla logica del profitto, purché questa mantenga al primo posto la dignità dell'Uomo e la salvaguardia della natura. Il CES, infatti, (dal sito www.cambieresti.it) tende a garantire:
a) - un prezzo equo, tale cioè da consentire ai lavoratori ed alle famiglie il soddisfacimento dei loro bisogni ed una vita dignitosa. Il prezzo è stabilito in accordo tra il produttore e l'importatore;
b) - la dignità del lavoro, che vuol dire ambiente di lavoro salubre e non discriminazione sul lavoro di gruppi della popolazione (donne, disabili, caste inferiori) e non accettazione di sfruttamento minorile;
c) - la democrazia nel processo lavorativo, in quanto i produttori sono, di solito, raccolti in organizzazioni attente alla partecipazione decisionale da parte di tutti i lavoratori;
d) - il prefinanziamento: al momento dell'ordine, l'importatore anticipa al produttore fino al 50 % del pagamento complessivo della merce, così da consentire ai lavoratori di far fronte alle loro esigenze, senza diventare ostaggio di usurai o intermediari locali, senza subire in pieno le oscillazioni dei mercati borsistici, senza vivere le incertezze legate alle difficoltà di collocazione delle proprie merci;
e) - la sostenibilità dell'ambiente, poiché si privilegiano lavorazioni non inquinanti, basate su metodi naturali e dell'agricoltura biologica, evitando di ricorrere all'importazione di materie prime scarse e difficilmente riproducibili;
f) - la solidarietà, riferita a progetti di sviluppo non solo commerciali, ma anche a forte impatto sociale, di cui possa beneficiare tutta la comunità locale (es. scuole, strade, ospedali, corsi di formazione professionale e d'alfabetizzazione);
g) - la trasparenza verso il consumatore, affinché sia consapevole ed informato su tutti i processi, sulla composizione del prezzo finale del prodotto che acquista (il prezzo trasparente) e sul progetto di sviluppo legato ad ogni prodotto.
L'idea centrale del CES è, insomma, quella di garantire migliori condizioni di vita ai piccoli imprenditori agricoli ed artigiani del Sud del mondo, pagando i loro prodotti in modo equo (fino al 60 % in più rispetto ai prezzi di mercato).
Uno degli snodi di questo circuito virtuoso è stato quello della nascita e della diffusione delle "Botteghe del Mondo", vale a dire negozi, piccoli e grandi, raccolti per la maggior parte nell'associazione omonima (sito Internet: (www.assobdm.it), che ne diffondono i prodotti nelle nostre città, ma anche in piccole località. Nel Comune di Milano le più importanti Botteghe del mondo sono le seguenti: Chico Mendes (via Padova 58; via Giambellino, 79; via Corsica, 45; corso San Gottardo, 16; via Taormina, 40; viale Sabotino, 13; via Canonica, 24; piazza Lima, staz. MM1; via Ollearo, 5),Cose dell'altro mondo (via Solari, 3), Nazca (via Breda, 54), Bottega del mondo del Pime (via Mosè Bianchi, 94), Mondo Alegre (via IV Novembre, 24).
Che cosa si trova nei consorzi d'importazione del CES? Un'ampia gamma di prodotti alimentari, le cui materie prime provengono da Asia, Africa ed America Latina: dai tradizionali caffè, the, cacao, cioccolata, spezie e miele, ai frizzanti soft drink equi (cola, guaranà, mate); dai cereali (riso e quinoa) ai legumi (fagioli, soia); dai prodotti per prima colazione (biscotti, marmellate, muesli, succhi di frutta) ad innumerevoli snack, dolci e salati; dai funghi secchi alla frutta sciroppata; dalle banane ad una miriade di salse esotiche. Non mancano gli ingredienti della dieta mediterranea: pasta di grano e di farro, salsa di pomodoro, conserve di verdure delle Cooperative sociali agricole, vino (sia italiano che cileno).
Il CES si è dato un'identità precisa stipulando, dopo un lungo percorso di costruzione e condivisione delle regole comuni iniziato nel 1998, la "Carta Italiana dei Criteri del Commercio Equo e Solidale", il cui ente depositario è l'Agices, (Assemblea generale italiana del commercio equo e solidale) costituita formalmente nel 2003. La Carta, suddivisa in sette capitoli, definisce che cosa s'intende per commercio equo e solidale e sancisce una serie di impegni per importatori e distributori di ComES (il testo integrale della carta dei criteri, aggiornata nell'aprile del 2005, è disponibile sul sito (www.agices.org). Agices ha fra i suoi scopi quello di costituire e gestire il "Registro italiano delle organizzazioni di ComES" (RIOCES), con l'obiettivo di stabilire un rapporto rigoroso e trasparente con i produttori-partner, con l'opinione pubblica, con le istituzioni e con i consumatori. La carta dei criteri, ad oggi, è stata sottoscritta da tutte le centrali d'importazione italiane e da un alto numero di Botteghe del Mondo.
Il CES sembra uno dei pochi settori in crescita costante a discapito della crisi economica. E’ ciò che rivela un rapporto di Agices, in occasione della conferenza internazionale Prodotti o persone. Il Commercio Equo e Solidale in Europa va dalla parte giusta? che si è conclusa il 24-06-2009 a Roma. L’Agices registra cifre da record a partire dal numero dei soci e dei volontari: quasi 26 mila le persone socie di organizzazioni iscritte al Registro Agices (cinquemila in più rispetto all’edizione del 2005) e nel 2007 oltre seimila persone hanno dedicato il proprio tempo e la propria passione per sostenere la crescita del progetto equosolidale. E per molti, ormai, non si tratta solo più di volontariato: le associazioni che si occupano di CES danno lavoro a circa 1000 persone in tutta Italia, 621 donne (64 %) e 346 uomini (36 %). Ma vediamo i numeri delle vendite: le organizzazioni iscritte al Registro Agices hanno acquistato merci destinate alla vendita per oltre 46 milioni di euro, una quota sostanzialmente invariata rispetto al 2005, e hanno venduto al dettaglio, nel 2007, oltre 23 milioni di euro di prodotti equosolidali (18 milioni nel 2005).
Questi dati confermano che i consumatori stanno imparando a conoscere le attività e i prodotti del settore equosolidale, un tempo considerati di nicchia perché troppo costosi.
Il consorzio Ctm-Altromercato (www.altromercato.it) ha portato i prodotti del CES sugli scaffali della catena di Esselunga e di quelle IperCoop, Conad, Billa (e più di 100 supermercati del Trentino appartenenti alle catene Sait e Poli). I supermercati Coop e moltissimi altri hanno scelto i prodotti di CES certificati da Transfair (l'elenco su www.transfair.it). Il biologico è presente in tutti i maggiori magazzini della Grande distribuzione organizzata, ma il primo supermercato della natura è nato a Verona, nel 1992. Si chiama "NaturaSì" ed ormai ci sono decine di negozi (per avere una lista completa dei centri vendita, cercate su www.naturasi.it).
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