Nelle società primitive troviamo generalmente la cosiddetta magia pubblica, cioè la stregoneria praticata a beneficio dell'intera comunità. Ogniqualvolta si svolgono simili cerimonie per il bene comune il mago cessa, evidentemente, d'essere solo un praticante privato e diventa, in certo qual modo, un pubblico funzionario. Quando si ritiene che il benessere della tribù dipenda dall'esecuzione di questi riti magici, l'officiante assume il rango e l'autorità di un capo o un sovrano. Di conseguenza, solo i più abili e i più ambiziosi si dedicano a una professione dalla quale, più che da ogni altra, possono trarre onori, ricchezza e potere. I più intelligenti comprendono come sia facile incantare i loro concittadini più ottusi, sfruttando a proprio vantaggio la loro superstizione.
Ciò non significa che il mago sia sempre un farabutto o un impostore; spesso, è sinceramente convinto di possedere davvero quei poteri meravigliosi che la credulità dei suoi simili gli attribuisce e, come si sa, quando la ragione dorme e la fede trova campo libero...
Ma, quanto più sarà intelligente, tanto più saprà vedere attraverso le finzioni che, invece, ingannano le menti più torpide. Di conseguenza, gli esponenti più abili della professione sono costretti, più o meno consapevolmente, a diventare degli impostori; sono proprio questi gli uomini che, in virtù della loro superiore abilità, ascendono ai vertici della professione, conquistando dignità suprema e autorità assoluta. Il cammino del mago di professione è disseminato di trabocchetti e, generalmente, solo chi possiede una grande presenza di spirito e una mente molto acuta è in grado di percorrerlo senza incidenti. Non bisogna mai dimenticare, infatti, che ogni singola dichiarazione, ogni singola rivendicazione avanzata dal mago come tale è una falsità: non una di esse può essere suffragata senza perpetrare un inganno più o meno conscio. Il mago che crede sinceramente nelle sue stravaganti frottole, viene a trovarsi in una posizione molto più pericolosa di chi è deliberatamente un impostore; rischia, molto più di lui, di vedere stroncata la propria carriera. Il mago in buona fede si aspetta sempre che i suoi sortilegi e i suoi incantesimi sortiscano l'effetto voluto; quando non solo falliscono nella realtà, com'è la norma, ma anche in maniera clamorosa e disastrosa, come spesso succede, egli rimane spiazzato; non ha, come invece i suoi colleghi più disonesti, nessuna scusa pronta per giustificare l'insuccesso e, prima di trovarne una, può prendersi una pietrata in testa da un «cliente» deluso e infuriato.
Il risultato è che, a questo stadio dell'evoluzione sociale, il potere supremo tende a cadere nelle mani di individui furbi e senza scrupoli. Potendo pesare sul piatto della bilancia il male che producono con la loro furfanteria contro i benefici che arrecano con la loro intelligenza superiore, scopriremmo che, spesso, il bene supera il male. Probabilmente, infatti, ai posti di comando provocano molti più danni i cretini onesti che non i farabutti intelligenti. L'astuta canaglia, una volta realizzate le proprie ambizioni, non ha altri fini egoistici da perseguire e, quindi, può dedicare (e spesso dedica) il proprio talento, la propria esperienza e le proprie risorse al servizio degli altri. Molti arrivisti, una volta conquistato il potere, ne hanno poi fatto un uso quanto mai altruistico, sia che si trattasse di potere finanziario, politico o di qualsiasi altro tipo. In campo politico, il maneggione, colui che vuole vincere a qualsiasi costo, può in seguito dimostrarsi un governante saggio e magnanimo, osannato da vivo e compianto da morto, ammirato e lodato dai posteri.
Tanto per fare due esempi da manuale, uomini del genere furono Giulio Cesare e Napoleone Bonaparte. Ma chi nasce cretino, cretino resta; quanto più potere accentrerà nelle proprie mani, tanto più disastroso sarà l'uso che ne farà. La peggiore calamità nella storia inglese, la scissione dall'America, non si sarebbe verificata se re Giorgio non fosse stato l'onesto babbeo che era.
Quindi, nei limiti in cui la professione del mago influiva sulla società primitiva, il controllo della situazione finiva nelle mani degli individui più capaci; spostava l'equilibrio del potere dai molti al singolo; sostituiva la monarchia alla democrazia o, meglio, all'oligarchia degli anziani. Generalmente, infatti, una società primitiva è retta non dall'intero consesso dei maschi adulti, ma da un consiglio di anziani. Il cambiamento, quali che ne fossero le cause e la personalità dei promotori fu, nell'insieme, estremamente benefico. La nascita di una monarchia sembra essere la condizione essenziale perché l'umanità esca dallo stato selvaggio. Non esiste essere umano più conformista e più legato al costume e alla tradizione del
selvaggio democratico; di conseguenza, non esiste condizione sociale in cui il progresso sia altrettanto lento e difficile. La vecchia nozione secondo cui il selvaggio è il più libero degli uomini non potrebbe, in realtà, essere più lontana dalla verità. Egli è schiavo, non di un padrone visibile, bensì del suo passato, degli spiriti dei suoi antenati defunti, che perseguitano i suoi passi dalla nascita alla morte, governandolo con pugno di ferro. Tutto ciò che essi fecero è preso a modello di saggezza e di giustizia; la legge non scritta, alla quale egli si piega con obbedienza cieca e assoluta e che limita al massimo le possibilità per una mente superiore di cambiare e migliorare le antiche usanze. Anche l'uomo più abile è trascinato in basso dal più debole e più ottuso che, inevitabilmente, impone il livello medio, dato che egli non può innalzarsi, mentre l'altro può cadere. Una tale società si presenta in superficie con un livello piatto e uniforme, nella misura in cui è umanamente possibile ridurre a una falsa apparenza di uguaglianza le differenze congenite, le infinite diversità reali di capacità e di carattere. Da questa situazione depressa e stagnante che, in tempi più recenti, demagoghi e sognatori hanno osannato come la situazione ideale, l'Età Aurea dell'Uomo, tutto quanto concorre a elevare le condizioni sociali, offrendo una carriera all'intelligenza e proporzionando il grado di autorità alle capacità intrinseche degli individui, merita di essere accettato con entusiasmo da chiunque abbia veramente a cuore il benessere dei suoi simili. Una volta entrate in funzione queste forze miglioratrici (non si possono sopprimere all'infinito), il progresso sociale diviene relativamente rapido. L'elevazione di un singolo al potere supremo concede all'individuo d'effettuare, nell'arco di una vita, quei cambiamenti che molte generazioni, in passato, non sono bastate a compiere; se, come spesso accade, si tratta di un individuo d'intelligenza ed energia superiori alla media, egli coglierà ben presto l'occasione. Anche i capricci e le stravaganze di un tiranno possono servire a spezzare la catena di costumi e tradizioni che strangola il selvaggio. Appena la tribù smette d'essere dominata dalle opinioni incerte e contrastanti degli anziani per seguire le direttive di un'unica mente, forte e risoluta, diventa temibile per i suoi vicini e si avvia su una strada espansionistica che, nella prima fase storica, spesso, è estremamente favorevole al progresso sociale, economico ed intellettuale. Estendendo il suo dominio, in parte con la forza delle armi, in parte grazie alla sottomissione spontanea di tribù più deboli, ben presto la comunità acquisisce ricchezze e schiavi, che sollevano dalla perpetua lotta quotidiana per la sopravvivenza alcune classi sociali in grado, per così dire, di dedicarsi a quella disinteressata ricerca della conoscenza che è lo strumento più nobile e più potente per migliorare la condizione umana.
Il progresso intellettuale, che si estrinseca nel fiorire dell'arte e della scienza, nonché nella diffusione di concetti più liberali, è indissolubilmente legato al progresso industriale e, più in generale, economico che, a sua volta, riceve enorme impulso dalle conquiste territoriali. Non è un caso che gli slanci impetuosi di attività della mente umana seguano da vicino una vittoria e che le grandi razze conquistatrici del mondo abbiano, più delle altre, contribuito al progresso e alla diffusione della civiltà e abbiano, così, risanato nella pace le ferite inflitte nella guerra. Babilonesi, Egizi, Greci, Romani e Arabi ne fanno testimonianza per il passato, mentre Inglesi, francesi, Olandesi, Spagnoli, Portoghesi, Italiani, Russi e Statunitensi ne fanno testimonianza nel presente. Né è un caso, risalendo alle fonti della storia, che i grandi passi sulla via della civilizzazione siano stati compiuti da governi dispotici e teocratici come quelli dell'Egitto, di Babilonia, della Persia e del Perù, dove il capo supremo esigeva e otteneva la servile devozione dei suoi sudditi nella doppia veste di sovrano e di divinità.
Non è eccessivo affermare che, in questa prima epoca, il dispotismo è il migliore amico dell'umanità e, per quanto possa sembrare paradossale, anche della libertà. Dopo tutto, infatti, esiste maggior libertà, nell'accezione migliore del termine (la possibilità di coltivare i nostri pensieri e forgiare il nostro destino) sotto il dispotismo più assoluto, la tirannia più schiacciante, che non sotto l'apparente libertà di una vita primitiva, in cui il destino di un uomo è costretto, dalla culla alla tomba, nel ferreo stampo della tradizione ereditaria.
Nella misura in cui la professione pubblica della magia è stata una delle strade attraverso cui gli uomini più capaci hanno raggiunto il potere supremo, essa ha contribuito ad emancipare l'umanità dalla schiavitù della tradizione, innalzandola ad una vita più ampia, più libera, più aperta al mondo e non è poco. Quando poi si pensi che, in un'altra direzione, la magia ha aperto il cammino alla scienza, non si può negare che, se l'arte nera ha fatto grandi mali, è anche stata fonte di molto bene; se è figlia dell'errore è, però, anche stata madre di libertà e verità.
In conclusione, a voi viene in mente qualcuno? A me sì...
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